venerdì 5 luglio 2013

Incontro Letta-Francesco. Crisi, immigrazione e vicende internazionali al centro del colloquio: nessun riferimento ai temi etici (Galeazzi)

IL VATICANO CAMBIA STRATEGIA

L’INCONTRO Letta e il Papa a confronto sul lavoro

Crisi, immigrazione e vicende internazionali al centro del colloquio: nessun riferimento ai temi etici

GIACOMO GALEAZZI

CITTA’ DEL VATICANO

Mezz’ora di confronto su disoccupazione giovanile, immigrazione ed emergenze internazionali (Siria, Libia, Terra Santa). Più che un’udienza è stata una riunione di lavoro e una presa di contatto personale: clima cordiale e collaborativo, minima formalità, massima attenzione ai contenuti. Non è stata una semplice occasione di protocollo. Ieri Francesco ha ricevuto Enrico Letta soprattutto per offrire l’aiuto della Chiesa alla soluzione della crisi sociale ed informarsi sull’azione del governo a sostegno dell’occupazione. Un dialogo franco, pragmatico, focalizzato su misure concrete per contrastare l’impoverimento delle famiglie e la carenza di prospettiva tra le nuove generazioni.
Letta ha garantito che dare lavoro ai giovani è la priorità dell’esecutivo e ha espresso apprezzamento per la scelta di Lampedusa come tappa d’esordio della predicazione itinerante di Bergoglio («un gesto straordinario»). Nelle sacre stanze l’aria è cambiata anche nelle relazioni istituzionali. L’agenda mette al centro i temi sociali e i fronti caldi internazionali. La diplomazia è tornata ad affiancare il cammino della fede.
L’atmosfera, come anche nel «vis-à-vis» con il sindaco di Roma Ignazio Marino, non è più quella dell’implacabile riproposizione dei principi bioetici non negoziabili (difesa della vita dal concepimento alla morte naturale, del matrimonio tra uomo e donna, della libertà religiosa e di educazione), bensì quella rasserenata e positiva della cooperazione nelle questioni sociali e sullo scacchiere mediorientale. Come la Ostpolitik vaticana con i governi dell’epoca ’60-’90, Francesco punta su ciò che unisce piuttosto che su ciò che divide e rafforza la vocazione italiana di «pontiere» nel Mediterraneo.
Ieri Letta ha visto il premier libico Ali Zeidan. Segno di un rinnovato protagonismo e di un ruolo di tessitore su ampia scala che oltretevere apprezzano. «Senza conoscere le strade percorse dai migranti, nessuna soluzione è possibile», hanno concordato. Prospettive «global» e interventi mirati. L’approccio è simile. Letta ha condiviso col Papa informazioni e preoccupazioni sulla persecuzione anticristiana e le rotte dei migranti. Francesco lo ha ringraziato per il rosario di legno d’ulivo, donoricordo della missione appena svolta in Terra Santa. Il presidente del consiglio gli ha riferito dei colloqui con le autorità israeliane e palestinesi, confidando anche l’emozione per il pellegrinaggio nei luoghi di Gesù. Tra le parole più ricorrenti nel «faccia a faccia»: integrazione. Il capo del governo ha indicato le iniziative del ministro Kyenge. Un contatto personale che va oltre la consueta udienza concessa dal primate d’Italia all’inquilino di Palazzo Chigi. All’assemblea della Cei, Francesco ha chiarito che i rapporti con la politica spettano ai vescovi. Non al Pontefice né alla Segreteria di Stato. Il fatto che si sia creato un canale spontaneo di comunicazione tra Bergoglio e Letta ha un valore particolare.
Il premier ha raccontato del primo Angelus ascoltato in piazza con la moglie e i tre figli. Il Papa ha condiviso valutazioni e linee d’intervento dentro e fuori i confini. Convergenza di veduta e feeling spontaneo fanno presagire un particolare filo diretto tra le due sponde del Tevere. Ai diplomatici pontifici il cattolico Letta ha ricordato Andreotti per senso pratico e profondità d’analisi. Suo zio Gianni è molto stimato in Curia e l’impressione della prima uscita vaticana è giudicata «eccellente». Dopo i fulmini vaticani sul Pd ai tempi dei Pacs, la strategia è cambiata: alleanza per soluzioni condivise.

© Copyright La Stampa, 5 luglio 2013

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