mercoledì 22 maggio 2013

Papa Francesco: basta con le lotte di potere nella Chiesa. Immigrati, Santa Sede: Italia più civile se dà cittadinanza a chi nasce (Izzo)

PAPA, BASTA CON LE LOTTE DI POTERE NELLA CHIESA

Salvatore Izzo

(AGI) - Roma, 21 mag.

"Nella Chiesa non deve esistere la lotta per il potere". Sono parole di Papa Francesco nell'omelia della messa di questa mattina alla Domus Santa Marta. L’unico potere ammesso dal Vangelo, ricorda il Pontefice, "e’ il potere del servizio". Questa "e’ la regola". E tuttavia, lamenta Francesco, dalle origini fino ad adesso ci sono state "lotte di potere nella Chiesa", anche "nella nostra maniera di parlare".
E se "la lotta per il potere nella Chiesa non e’ cosa di questi giorni", in quanto e’ "cominciata la’ proprio con Gesu’", per il nuovo Papa "nella chiave evangelica di Gesu’, la lotta per il potere nella Chiesa non deve esistere", perche’ il vero potere, quello che il Signore "con il suo esempio ci ha insegnato", e’ "il potere del servizio".
"Il vero potere - scandisce Bergoglio - e’ il servizio. Come lo ha fatto Lui, che e’ venuto non a farsi servire, ma a servire, e si e’ abbassato fino alla morte". Per il Papa "non c’e’ nella Chiesa nessun’altra strada per andare avanti. Per il cristiano, andare avanti, progredire significa abbassarsi".
Le parole di Papa Francesco riecheggiano diversi interventi del predecessore Benedetto XVI che contro il carrierismo si e’ scagliato piu’ volte. Ad esempio, nel febbraio 2012, nell’incontro d’inizio Quaresima con il clero romano, Papa Ratzinger ha sottolineato che "dobbiamo liberarci, di questa vanagloria che alla fine - ha ammonito, passando alla prima persona - e’ contro di me e non mi rende felice".
"Debbo saper accettare la mia piccola posizione nella Chiesa", ha continuato raccomandando ai sacerdoti la parola chiave: "Umilta’, che mi porta a non volere apparire, ma a fare quel che Dio ha pensato di me e per me, fa parte del realismo cristiano".
"La superbia e’ arroganza - ha chiarito il Pontefice Emerito in quell’occasione - e’ la radice di tutti i peccati, la ricerca del potere, apparire agli occhi degli altri, non preoccuparsi di piacere a se stessi e a Dio". Le dimissioni stesse di Benedetto XVI hanno rappresentato una straordinaria testimonianza di umilta’, nel segno di una rinuncia evangelica agli onori e al potere.
Il successore e’ chiamato ora ad agire su un piano diverso contro la tentazione del potere, che nella Chiesa prende spesso la forma di cordate. Anche nella Curia Romana sono infatti individuabili gruppi i cui componenti si sostengono a vicenda. Una logica che le nomine attese (a partire da quella del nuovo segretario di Stato) e la piu’ ampia riforma della Curia - promessa al momento dell’istituzione del gruppo di 8 cardinali chiamati ad aiutarlo nel governo della Chiesa Universale - dovrebbero poter spezzare.

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IMMIGRATI: S.SEDE, ITALIA PIU' CIVILE SE DA' CITTADINANZA A CHI NASCE

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 21 mag.

"Sarebbe una dimostrazione di civilta', di generosita' e di responsabilita' se l'Italia, per esempio, valutasse seriamente l'ipotesi di concedere la cittadinanza a quanti sono nati e cresciuti sul suo territorio, o almeno fornisse loro il permesso di soggiorno". Sono parole del cardinale Antonio Maria Veglio', presidente del Pontificio Consiglio per la pastorale delle migrazioni.
Intervistato dall'Osservatore Romano a margine della plenaria del suo dicastero, il porporato ricorda infatti che "a ciascuna persona deve essere data protezione sul territorio di uno Stato". "Questo - spiega - non e' un dibattito solo teorico, ma soprattutto concreto".
 "A titolo di esempio" il cardinale Veglio' ricorda "la situazione dei rom in tanti Paesi". "Molti di loro - osserva -  rimangono apolidi, non avendo la protezione di alcuno Stato, con tutte le conseguenze negative che ne derivano.
Essi vivono quasi come persone invisibili, prive di documenti d'identita', con scarse possibilita' di ottenere un posto di lavoro, l'accesso allo studio e di lasciare i loro poveri accampamenti. I loro figli, anche quando sono nati e cresciuti in una nazione, rimangono comunque privi di nazionalita' e quindi vittime della legislazione di quella stessa nazione".
"Spesso - sottolinea Veglio' - questo comporta l'accattonaggio, anche da parte dei bambini, che trascurano cosi' la scuola e l'istruzione". "Si dovrebbero creare - conclude con trasparente allusione allo 'ius soli' - le condizioni per porre fine all'apolidia".

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5 commenti:

Anonimo ha detto...


Grazie, Vegliò, ora so a chi non dare l'Ottopermille.


("Chiedilo a loro!")

Eugenia ha detto...



Basta con le lotte di potere nella chiesa....... anche questo mi pare di averlo già sentito come monito e non una volta sola. Ma, chissà perchè in otto anni tutti nella chiesa escluso nessuno anzi maggiordomo compreso, si sono sbranati come lupi. Sicuramente adesso anche questo messaggio passerà come un pensiero ed un monito, scaturito dalla primavera clericale! L'otto per mille?????? ma neanche un centesimo avrete più da ma. Tanto la chiesa deve essere povera benissimo mi atterrò scrupolosamente ai voleri di P.F

Anonimo ha detto...

Pronunce sugli immigrati si su coppie gay no.In Passato si sarebbe detto no all'ingerenza del Vaticano negli affari italiani perciò Gentile Monsignor Vegliò gli immigrati li porti tutti a casa sua per l'italia decidono gli italiani.Lei vada pure a confessare e celebrare messa a predicare agli immigrati...

Anonimo ha detto...

povertà immigrati atei solita solfa insomma!cristianesimo tutto sociale tutto orizzontale:In un'omelia Papa Francesco mi pare abbia detto che noi credenti non dobbiamo discriminare adulteri e fornicatori e socialisi/comunisti forse Papa Francesco non sa che in Europa ad essere discriminati da questa categoria di persone sono i credenti !

Eugenia ha detto...

Poveri noi in che mani siamo