martedì 9 aprile 2013

La lettera pastorale dell'allora card. Bergoglio per l'apertura dell'Anno della fede (O.R.)

La lettera pastorale dell'arcivescovo di Buenos Aires per l'apertura dell'Anno della fede

Una Chiesa dalle porte sempre aperte

di Jorge Mario Bergoglio

Cari fratelli, tra le esperienze più negative degli ultimi decenni c'è quella di trovare chiuse le porte. La crescente insicurezza ha portato a poco a poco a sbarrare le porte, a collocare sistemi di vigilanza, telecamere di sicurezza, a diffidare degli estranei che bussano alla nostra porta. Tuttavia, ancora in alcuni paesi ci sono porte che restano aperte.
La porta chiusa è tutto un simbolo del nostro tempo. È qualcosa di più di un semplice dato sociologico; è una realtà esistenziale che segna uno stile di vita, un modo di porsi dinanzi alla realtà, dinanzi agli altri, dinanzi al futuro. La porta chiusa della mia casa, che è il luogo della mia intimità, dei miei sogni, delle mie speranze e sofferenze, così come delle mie gioie, è chiusa per gli altri. E non si tratta solo della mia casa materiale, è anche il recinto della mia vita, del mio cuore. Ogni volta sono sempre meno quelli che possono superare questa soglia. La sicurezza di alcune porte blindate custodisce l'insicurezza di una vita che diventa più fragile e meno sensibile alle ricchezze della vita e dell'amore degli altri.
L'immagine di una porta aperta è sempre stata il simbolo di luce, amicizia, gioia, libertà, fiducia. Quanto bisogno abbiamo di recuperare tutto ciò! La porta chiusa ci danneggia, ci atrofizza, ci separa. 
Iniziamo l'Anno della fede e paradossalmente l'immagine che propone il Papa è quella della porta, una porta che occorre varcare per poter trovare quello che ci manca tanto. La Chiesa, attraverso la croce e il cuore del pastore Benedetto XVI, ci invita a varcare la soglia, a fare un passo per prendere una decisione intima e libera: spingerci a entrare in una nuova vita.
La porta della fede ci rinvia agli Atti degli apostoli: «Appena arrivati, riunirono la Chiesa e riferirono tutto quello che Dio aveva fatto per mezzo loro e come avesse aperto ai pagani la porta della fede» (Atti degli apostoli, 14, 27). Dio prende sempre l'iniziativa e non vuole che nessuno resti escluso. Dio bussa alla porta dei nostri cuori: «Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» (Apocalisse, 3, 20). La fede è una grazia, un regalo di Dio: «Solo credendo, quindi, la fede cresce e si rafforza […]; in un crescendo continuo, nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande perché ha la sua origine in Dio» (Benedetto XVI, Porta fidei, 11 ottobre 2011, n. 7). Oltrepassare questa porta presuppone intraprendere un cammino che dura tutta la vita; mentre andiamo avanti, passando dinanzi a tante porte che oggigiorno si offrono dinanzi a noi, molte delle quali sono false porte, che invitano in modo assai allettante ma menzognero a inoltrarvisi, che promettono una felicità vuota, narcisista e con scadenza stabilita; porte che ci conducono in crocevia dove, quale che sia la scelta che faremo, si troveranno a breve o lungo termine angoscia e disorientamento, porte autoreferenziali che si esauriscono in se stesse e senz'alcuna garanzia per il futuro.
Mentre le porte delle case sono chiuse, le porte dello shopping sono sempre aperte. Si oltrepassa la porta della fede, si varca questa soglia, quando la Parola di Dio è annunciata e il cuore si lascia plasmare dalla grazia che ci trasforma (Porta fidei, n. 1). Una grazia che ha un nome concreto, e questo nome è Gesù. Gesù è la porta (Giovanni, 10, 9). Lui, e solo Lui, è e sarà sempre la porta. Nessuno va al Padre se non attraverso di Lui (Giovanni, 14, 6). Se non c'è Cristo, non c'è cammino verso Dio. In quanto porta, ci apre la strada verso Dio e come Buon Pastore è l'Unico che si prende cura di noi a costo della sua vita. Gesù è la porta e bussa alla nostra porta per fargli varcare la soglia della nostra vita. «Non abbiate paura... spalancate la porta a Cristo», ci diceva il beato Giovanni Paolo II all'inizio del suo pontificato. Aprire le porte del cuore, come fecero i discepoli di Emmaus, chiedendogli di rimanere con noi per poter attraversare le porte della fede e perché il Signore stesso ci porti a capire le ragioni per le quali si crede, per poi andare ad annunciarlo. La fede presuppone che si decida di stare con il Signore per vivere con lui e condividerlo con i fratelli. Ringraziamo Dio per questa opportunità di apprezzare la nostra vita di figli di Dio, per questo cammino di fede che ha avuto inizio nella nostra vita con l'acqua del Battesimo, l'inesauribile e fecondo spruzzo che ci rende figli di Dio e membri fratelli nella Chiesa. La mèta, il destino o fine è l'incontro con Dio con cui siamo già entrati in comunione e che vuole restaurarci, purificarci, elevarci, santificarci e darci la felicità a cui anela il nostro cuore.
Vogliamo ringraziare Dio perché ha seminato nel cuore della nostra Chiesa arcidiocesana il desiderio di diffondere e dare a piene mani il dono del Battesimo. Ciò è il frutto di un lungo cammino iniziato con la domanda «Come essere Chiesa a Buenos Aires?», passato attraverso uno stato di Assemblea per radicarsi nello stato di Missione come opzione pastorale permanente. Iniziare quest'Anno della fede è un nuovo richiamo per approfondire nella nostra vita questa fede ricevuta. Professare la fede con le parole implica viverla nel cuore e mostrarla con le opere: una testimonianza e un impegno pubblico. Il discepolo di Cristo, figlio della Chiesa, non può mai pensare che credere sia un fatto provato. Sfida importante e impegnativa giorno per giorno, persuasi del fatto che «colui il quale ha iniziato in voi quest'opera buona, la porterà a compimento fino al giorno di Cristo Gesù» (Filippesi, 1, 6). Guardando alla nostra realtà in quanto discepoli missionari, ci chiediamo: «In che consiste la sfida del varcare la soglia della fede?».
Varcare la soglia della fede è la sfida a scoprire che -- sebbene oggi sembra che regni la morte nelle sue varie forme e la storia sia guidata dalla legge del più forte o più furbo, e l'odio e l'ambizione funzionino come motore di tante lotte umane -- siamo tuttavia anche pienamente convinti che questa triste realtà possa cambiare e debba cambiare decisamente perché «se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?» (Romani, 8, 31). Varcare la soglia della fede presuppone che non si abbia vergogna di avere il cuore di un bambino che, credendo ancora in ciò che è impossibile, può vivere nella speranza. L'unica cosa che possa dare senso e trasformare la storia è chiedere senza stancarsi, pregare senza perdersi d'animo e adorare perché il nostro sguardo si trasfiguri. Varcare la soglia della fede ci porta a implorare per ciascuno «gli stessi sentimenti di Cristo Gesù» (Filippesi, 2, 5), sperimentando così un modo nuovo di pensare, di comunicare fra noi, di guardarci, di rispettarci, di essere in famiglia, di pianificare il futuro, di vivere l'amore e la vocazione. Varcare la soglia della fede è agire, aver fiducia nella forza dello Spirito Santo presente nella Chiesa e che si manifesta anche nei segni dei tempi; è accompagnare il movimento continuo della vita e della storia senza cadere nel disfattismo paralizzante secondo cui il passato è sempre migliore del presente. Urge pensare il nuovo, apportare il nuovo, creare il nuovo, impastando la vita con il nuovo lievito della giustizia e della santità (1 Corinzi, 5, 8). Varcare la soglia della fede implica avere occhi che si meraviglino e un cuore non assuefatto a impigrire, in grado di riconoscere che ogni volta che una donna dà alla luce un figlio si continua a scommettere sulla vita e sul futuro, che quando ci preoccupiamo dell'innocenza dei bambini garantiamo la verità di un domani e quando coccoliamo la vita dedita di un anziano facciamo un atto di giustizia e accarezziamo le nostre radici.
Varcare la soglia della fede è il lavoro vissuto con dignità e vocazione di servizio, con l'abnegazione di chi ricomincia continuamente, senza arrendersi dinanzi alla vita, come se tutto ciò che è stato fatto fosse soltanto un passo verso il regno, pienezza di vita. È l'attesa silenziosa dopo la semina quotidiana, è contemplare il frutto raccolto ringraziando il Signore perché è buono, chiedendo di non abbandonare l'opera delle sue mani (Salmo 137). Varcare la soglia della fede richiede di lottare per la libertà e la convivenza sebbene l'ambiente intorno si mostri rinunciatario, nella certezza che il Signore ci chiede di «praticare la giustizia, amare la bontà e camminare umilmente» con il nostro Dio (Michea, 6, 8). Varcare la soglia della fede comporta la costante trasformazione dei nostri atteggiamenti, modi e regole di vita; riformulare e non mettere toppe o dare una riverniciatura, conferire la forma nuova che Gesù Cristo dà a tutto ciò che la sua mano e il suo Vangelo di vita tocca, spingerci a fare qualcosa di inedito per la società e per la Chiesa; perché «se uno è in Cristo, è una nuova creatura » (2 Corinzi, 5, 17). Varcare la soglia della fede ci porta a perdonare e a saper strappare un sorriso, significa avvicinarsi a chiunque viva alla periferia della vita e chiamarlo col proprio nome, significa badare alle fragilità dei più deboli e sostenere le loro ginocchia vacillanti con la certezza che quello che facciamo per il più piccolo dei nostri fratelli lo stiamo facendo per Gesù stesso (Matteo, 24, 40). Varcare la soglia della fede presuppone celebrare la vita, farci trasformare perché siamo diventati uno con Gesù a mensa dell'Eucaristia celebrata nella comunità, e quindi stare con le mani e il cuore occupati, lavorando al grande progetto del Regno: tutto il resto ci sarà dato in aggiunta (Matteo, 6, 33). Varcare la soglia della fede significa vivere nello spirito del concilio e di Aparecida, Chiesa dalle porte aperte non solo per accogliere, ma fondamentalmente per uscire fuori e riempire con il Vangelo le strade e la vita degli uomini del nostro tempo.
Varcare la soglia della fede per la nostra Chiesa arcidiocesana, presuppone sentirci confermati nella missione di essere una Chiesa che vive, prega e lavora in prospettiva missionaria. Varcare la soglia della fede significa in definitiva accettare la novità della vita di Gesù Cristo risuscitato nella nostra povera carne per farne un segno della vita nuova.
Meditando tutto ciò, volgiamo lo sguardo a Maria; che Lei, Vergine Madre possa accompagnarci nel varcare la soglia della fede e portare nella nostra Chiesa di Buenos Aires lo Spirito Santo, come a Nazaret, perché noi possiamo adorare come lei il Signore e andare ad annunciare le meraviglie che ha fatto in noi.

(©L'Osservatore Romano 6 aprile 2013)

Nessun commento: