mercoledì 24 aprile 2013

Benedetto XVI e Giorgio Napolitano. Il bene si fa e s’insegna (due grandi Vecchi). Il commento di Marina Corradi


Storie e scelte diverse, stesso spirito

Il bene si fa e s’insegna (due grandi Vecchi)

Marina Corradi

Due uomini in questi primi mesi del 2013 ci hanno stupito. Entrambi sono vecchi, se è lecito usare questo aggettivo senza l’aura dispregiativa per cui pare ormai più corretto dire 'anziani'. Due vecchi dunque, due grandi vecchi ci hanno meravigliato: Benedetto XVI perché si è ritirato, il presidente Napolitano perché è rimasto. Apparentemente scelte opposte. In realtà, nella profonda differenza dei ruoli, legate a un comune denominatore. Benedetto XVI, classe 1927, ha spiegato che negli ultimi mesi, sentendo la forze diminuire, aveva chiesto a Dio di fargli prendere la decisione più giusta, «non per il mio bene, ma per il bene della Chiesa». Giorgio Napolitano, classe 1925, ha detto di non aver potuto declinare l’appello al reincarico, per quanto potesse costargli l’accoglierlo, «mosso da un senso antico e radicato di identificazione con le sorti del Paese».
In entrambi i casi due uomini arrivati, nel loro ambito, al vertice del potere, si sono trovati a fare i conti con le energie e la stanchezza, e un carico oneroso; e se la scelta alla fine è stata opposta, analoga è la ragione che ha ispirato la loro decisione. Benedetto ha scelto «per il bene della Chiesa», Napolitano per il bene di un Paese nelle cui sorti profondamente si identifica. Entrambi dentro a una logica non egoistica, e ignorando ciò che converrebbe, ciò che sarebbe comodo. La scelta di Benedetto nel suo primo impatto è stata sconvolgente. È occorso del tempo, a molti di noi, per capire ciò che ci voleva dire: che la barca della Chiesa è di Cristo, «non è mia, non è nostra, ma è sua», ci ha ripetuto, nell’ultima Udienza. E dunque perfino un Papa può ritirarsi, incalzato dagli anni e dal peso sulle spalle, se ha coscienza di fare il bene della Chiesa.
Un bene più grande, nella certezza di un’appartenenza profonda e di un 'io' che si allarga in un ampio, corale 'noi'. Laicamente, due mesi dopo, Giorgio Napolitano, già comunista, sessant’anni in Parlamento, declina un sentimento parallelo, quando dice di aver scelto dentro a una radicata identificazione con le sorti del Paese. Per un uomo che a giugno compirà 88 anni sarebbe stato più facile lasciare: ma, nel frangente drammatico in cui l’Italia si trova, più forte è stata la coscienza di quell’'io' che si riconosce in un 'noi', nell’indissolubile destino degli individui che fanno un popolo. In un tempo di egoismi coriacei e di individualismo eretto a sistema, e di un potere che pensa prima di tutto a conservare se stesso, ci volevano due grandi vecchi, per mostrare che un’altra logica è possibile. La logica del bene comune, che sembra dimenticata, che è sembrata così drammaticamente latitante, in questi giorni in Parlamento.
E viene da domandarsi perché, per trovare l’impronta di questa volontà positiva e comune, bisogna guardare a chi ha più di ottant’anni. Forse è perché questi due uomini sono cresciuti in anni terribili, imparando però dalla storia che un bene comune esiste e va ostinatamente cercato? E che cosa si è interrotto allora, cosa non viene più tramandato? Una poesia di Mario Luzi domandava: «E ora che cosa non ricordano, che cosa non sanno?», alludendo quasi a una rottura nella catena delle generazioni. E se però si impara non per parole ma per testimonianza, guardiamoli bene questi due. Già quando si incontravano era evidente che, pur venendo da storie diverse e persino opposte, si intendevano profondamente. Per strade asimmetriche, per differenti destini essendo giunti a un sentire affine, che sorpassa le personali ambizioni e tende a un bene più grande. Quei due vecchi come il vino buono, che col passare degli anni si fa prezioso, e a volte straordinario.

© Copyright Avvenire, 24 aprile 2013

8 commenti:

laura ha detto...

Speriamo che il loro sacrificio porti molto frutto per la Chiesa e per l'Italia. non dipende solo da loro, ma anche dalla buona volontà di colro che li hanno spinti a fare scelte opposte e così dolorose. Se devo essere sincera, non son ancora riuscita ad accettare le dimisioni di Benedetto XVI: Lo capisco e Lo ammiro per l'umiltà e poso capire che anche il Papa è un uom oe ha de ilimiti fisci e pischici, ma son certa che sia stato sempre lasciato solo e che con un minimo di collaborazione, forse le cose sarebbero andate diversamente. A Napolitano hanno chiesto espressamente di restare, mentre Papa Benedetto è stato fatto oggetto di un tipo al massacro che non Gli ha lasciato scampo e l'unico modo per fare il bene della Chiesa è stato quello di toglere il disturbo. Scusatemi, ma sono molto avvilita e amareggiata.

Eugenia ha detto...

Sono con te Laura! Sembravano l'unico male della chiesa era Benedetto a dire proprio di coloro che avrebbero dovuto sostenerlo. Ma, recriminare non serve ora si che la chiesa è Santa Apostolica Romana. Prima era solo il regno di un tedesco cattivo, freddo e senza scrupoli!

Anonimo ha detto...

Corradi ha almeno il coraggio di ricordare papa Ratzinger che sembra sparito dai radar di molti altri commentatori...ragazze,sono con voi,anche a me manca e hanno un bel dire tutti quanti,ma c'è 1 solo papa nella vita di una persona.....lui è il mio,del resto non mi occupo più, voglio solo che stia bene,poi ci penserà il Signore,coraggio,siamo tante'vedove'e quale onore!!!GR2

laura ha detto...

Non siamo vedove, perché non è morto e siamo uniti e unite a Lui nella preghiera. Sono sicura che senta il nostro affetto e sono anche certa che non tutti l'hanno dimenticato e poi Lui ha detto il 24 aprile di 8 anni fa che "chi crede non è mai solo, né nella vita, né nella morte! e noi siamo tutti uniti spiritualmente al signore e a Papa Benedetto. Questo blog è una grazia e un modo per rafforzare la comunione spirituale

Eugenia ha detto...

Anche per me conta che stia bene ma, vorrei rivederlo almeno una volta! Il resto è noia!

un passante ha detto...

ma non lasciatevi suggestionare da questa storia delle vedove inconsolabili. Siete solo persone capaci di amare qualcuno che per voi ha contato fino alla fine, anche quella meno glorificata. Perchè nessuno diceva nulla delle vedove che per otto anni hanno sfiorato il sedevacantismo (non quello lefebvriano) e che popolano siti facebook e non? Sono incappato in uno di questi per caso e solo ora paiono tornati alla luce della chiesa grazie ai gesti che percepiscono simili. Non solo diversi pesi e misure nel trattare i papi, ma pure i loro fedeli affezionati.

Cosimo Tomaselli ha detto...

la retorica ricuce qualunque cosa ma due scelte che sembrano opposte, forse lo sono davvero: una dettata dall'umiltà e dalla coscienza dei propri limiti, dalla fede in Dio e nella presenza concreta dello Spirito nel conclave. L'altra dalla presunzione di salvare l'Italia e di essere l'unico a poterlo fare.
Sarà ...

Anonimo ha detto...

O.T. (forse)
19-21 Aprile 2013, Rimini: Esercizi Spirituali della Fraternità di Comunione e Liberazione, 24.000 persone più moltissimi gruppi da tutto il mondo, in collegamento.
Esercizi predicati da don Julian Carròn.
Titolo: Chi ci separerà dall'amore di Cristo?
Tema, in definitiva, la fede e la sua ragionevolezza, che si sperimenta nella concretezza di tutta la vita. Filo rosso: il magistero di Benedetto.
Qualcuno ricorda.